29 ago 2009

«Calciatrice uccisa perché gay» Processo-choc in Sudafrica

Eudy Simelane
(Foto A destra)
era capitano della nazionale femminile

Quattro gli ar­restati, tutti tra i 18 e i 24 anni

Non solo tra le «Banyana Banyana», le ragazze della na­zionale di calcio, ci era arriva­ta. Alla fine, inseguendo pallo­n i a centrocampo e facendo ri­partire l’azione, si era anche guadagnata la fascia di capita­no della squadra femminile sudafricana. Il sogno però si è spezzato, su un campo che non era rettangolare.

Il corpo di Eudy Simelane, 31 anni, lesbica, è stato trova­to seminudo in un parco di KwaThema, la sua cittadina natale alle porte di Johanne­sburg. Violentata e uccisa nel­l’aprile dell’anno scorso con 25 coltellate a l volto, al seno, alle gambe.
Uno «stupro corretti­vo » finito in omici­dio, secondo le orga­nizzazioni sudafrica­ne per i diritti di gay e lesbiche. Vale a dire, una violenza delibera­tamente inflitta per cambiare l’orienta­mento sessuale della vittima. Quattro gli ar­restati, tutti tra i 18 e i 24 anni. Per tre di lo­ro il processo si è aperto lo scorso mer­coledì a Delmas, nella provincia settentrio­nale del Mpumalan­ga.

Eudy era stata una delle prime donne di KwaThema a vivere apertamente la sua omosessualità ed era impe­gnata in prima linea per i dirit­ti dei gay. «Perché hanno fat­to questo gesto orribile? Per quello che lei era?» ripete la madre Mally ai media africa­ni: «Era solo una donna dolce, che non ha mai fatto del male a nessuno». Alla nazionale Eu­dy era arrivata giocando nelle «Springs Home Sweepers», la squadra del suo paese, che ri­cambiava con l’affetto la noto­rietà regalata dalle convocazio­ni della concittadina.
Adesso però la corte di Del­mas deve giudicare Themba Mvubu, Khumbulani Magagu­la e Johannes Mahlangu, i tre ragazzi di quella stessa comu­nità accusati di aver stuprato, ucciso e derubato Eudy. Si di­chiarano innocenti mentre Thato Mphiti, il quarto uomo della presunta gang, ha con­fessato ed è già stato condan­nato a 32 anni in un processo separato. Nessun reato di stu­pro, però. Con la precisazione del giudice che «l’orientamen­to sessuale della vittima non ha rilevanza nel caso».

«È un modo per non am­mettere che le donne lesbiche in Sudafrica vanno incontro a stupri e omicidi» denuncia sul quotidiano Telegraph Phu­mi Mtetwa, la direttrice della ong di Johannesburg Lesbian and gay equality project . «La violenza sulle donne omoses­suali per renderle 'normali' è semprepiùfrequente»confer­ma al Corriere Stephanie Ross, funzionario dell’agenzia internazionale Action Aid e cu­ratrice del report 2009 «Crimi­ni d’odio: la crescita dello 'stu­pro correttivo' in Sudafrica». «Solo a Johannesburg almeno 10 lesbiche subiscono ogni settimana aggressioni di que­sto tipo e il numero reale è probabilmente molto più al­to », aggiunge. Un paradosso in un Paese dove dal 2006 la Costituzione consente anche il matrimonio tra gay: «Alla fi­ne gli 'stupri correttivi' au­mentano proprio perché le donne si sentono incoraggia­te dalle legge a vivere aperta­mente la loro omosessualità ma si scontrano con una vio­lenza reale radicata e impuni­ta. Pochi casi arrivano a pro­cesso e raramente i colpevoli sono catturati e condannati». Anche per questo oltre 250 at­tivisti sono accorsi mercoledì al processo per Eudy. A chiede­re con i loro striscioni «giusti­zia per lei e per tutte le don­ne».

Alessia Rastelli
29 agosto 2009
corriere.it (Fonte: Facebook)

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