30 giu 2010

VIVA L'ITALIA E VIVA GLI ITALIANI






VIVA L'ITALIA E VIVA GLI ITALIANI onesti, senza lavoro con le pezze al culo, con il bavaglio o senza, che lavorano per fare cmq debiti, senza casa, con un mutuo che non finiranno mai di pagare, con due tre figli a carico e con la cassa integrazione, con i CCNL scaduti e con le lotte sindacali, con la stanchezza e al tempo stesso con la voglia di lottare, con i debiti ma cmq col sorriso, con la mafia alla porta accanto ma con il coraggio di accusarla, con i morti di mafia in famiglia, con la voglia di giustizia, con la memoria viva, con capaci, piazza fontana, ustica, stazione di bologna e tutto il resto sempre a mente e davanti gli occhi, con via d'amelio nel cuore, con andreotti assolto ma sempre chiaro in mente che è stato giudicato colpevole ma che per sopraggiunti nuovi ordini di legge non è stato possibile giudicare come tale, con totò cuffaro giudicato colpevole in tutti i gradi di giudizio ancora politico .. non si spiega come, con tutto questo.. ma sempre e comunque ITALIANI VERI .

VIVA TUTTI QUESTI ITALIANI CHE LOTTANO E QUELLI CHE HO DIMENTICATO DI SCRIVERE MA CHE OGNI GIORNO FANNO IL POSSIBILE PER FARE CIO' CHE TOCCHEREBBE AD ALTRI GARANTIRE LORO.

Lettera (che non verrà mai pubblicata) al Direttore di Repubblica




Caro Direttore

Chi ti scrive è un collega (se un free lance può essere definito tale) stanco di un paese che diventa sempre meno normale.
Ho sempre vissuto con l'idea che il giornalismo fosse una missione alta.
Un servizio per la gente, da vivere e scrivere come un dono, senza volerne nulla in cambio.
Quando gli obiettivi sono cosi utopici, di conseguenza alti diventano i "poteri forti" con cui ti scontri.
Lì cominciano le vie crucis tra comandi dei Carabinieri e Questure per "declinare le generalità". Le telefonate alle 8 di mattina di solerti funzionari delle forze dell'ordine che ti avvertono di querele in arrivo. Le lettere a casa, con tanto di marchio dell'Arma, che ti "intimano" di presentarti urgentemente al "più vicino comando".
Poi le notifiche nel quale si evince che il Pm per "la complessità della vicenda giudiziaria" chiede altri sei mesi di proroga per le indagini preliminari.
Poi il Giudice che rimanda tutto per appurare il caso.
E il tempo passa.
Tutto questo perché hai scritto un pezzo in cui venivano riportate le dichiarazione di un mafioso, collaboratore di giustizia, che declinava, con dovizia di particolari, le presunte attività illecite del Senatore Cuffaro e della sua famiglia in terra di Sicilia.
Di mafia non si deve parlare, me che meno se sei nato nello stesso comune del senatore e non l' hai mai baciato.
La cosa inquietante è la certezza che non finirà mai, che dopo questa querela ne arriveranno altre. Perchè "Loro" sono potenti e tu no. Perché "loro" hanno i mezzi e tu puoi contare solo su un pugno di amici e sul tuo avvocato (con la speranza che non ti presenti mai la parcella). Perché i condannati per mafia siedono in Parlamento e chi li denuncia passa il suo tempo tra Caserme e Questure. Con i volti di chi sta intorno che cominciano ad assumere espressioni dal significato chiaro: "Chi te lo fa fare?". Sinceramente non lo so... amo la mia gente, amo la mia dignità, amo l'Articolo 21, voglio un mondo diverso, non mi arrendo.. Ma oggi sono solo stanco.

Gaetano Alessi Ad Est

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26 giu 2010

UNA MAMMA ITALIANA HA SCRITTO UNA LETTERA ALLA GELMINI



Gentile Ministro Gelmini,
l'altro giorno, leggendo la sua intervista sul Corriere della Sera, in cui dichiarava che l'ASTENSIONE OBBLIGATORIA DOPO IL PARTO è un privilegio, sono rimasta basita.

Che lei fosse poco ferrata sui problemi dell'educazione, non era necessaria la laurea in pedagogia, che io possiedo e lei no, o i tre corsi post laurea, che io possiedo e lei no, visto quello che sta combinando alla scuola statale. Ma almeno speravo avesse competenze giuridiche, essendo lei avvocato ed io no.

Certo, dato che lei, ora paladina della regionalizzazione, si è abilitata in "zona franca" (quel di Reggio Calabria), perché più facile (come da lei con un'ingenuità e candore imbarazzante affermato), lo si poteva supporre. E allora, prima le faccio una piccola lezione di diritto e poi parliamo d'educazione. L'astensione dopo il parto, sulla quale lei oggi con tanta leggerezza motteggia, è definita OBBLIGATORIA ed è un diritto inalienabile previsto da quelle leggi, per cui donne molto più in gamba di lei e di me, hanno combattuto strenuamente, a tutela delle lavoratrici madri.
Discorso diverso è il congedo parentale, di cui si può fruire, dopo i tre mesi di vita del bambino, per un totale di 180g, solo in parte retribuiti integralmente. Ovviamente per persone come lei, con un reddito di oltre 150.000 euro l'anno, pari quasi a quello del governatore della California Arnold Schwarzenegger, discutere di retribuzione, in questo caso più che un privilegio, è un'eresia.

Ovviamente lei non può immaginare, perché può permettersi tate, tatine, nido "aziendale" al ministero, ma LA GENTE NORMALE, che lei dice di comprendere, ha a che fare con file d'attesa interminabili per nidi insufficienti e costi per baby-sitter superiori a quelli della propria retribuzione.
Voglio dirle una cosa però, consapevole che le mie affermazioni susciteranno più clamore delle sue, DA PEDAGOGISTA E DA ESPERTA, affermo che fruire dell'astensione OBBLIGATORIA oltre che un DIRITTO è anche un DOVERE, prima di tutto morale e poi anche sociale.
Come vede ho più volte sottolineato la parola OBBLIGATORIA, che già di per se dovrebbe suggerirle qualcosa. Ma preferisco spiegarmi meglio, anche se è necessaria una piccola premessa doverosa.
Lei come tante donne, crede che l'essere madre, anche se nel suo caso da pochi giorni, le dia la competenza per parlare e pontificare su educazione e sviluppo del bambino, ai quali grandi studiosi hanno dedicato anni e anni di studio. In realtà, per dibattere sulla pedagogia, oggi chiamata più propriamente SCIENZE DELL'EDUCAZIONE, bisogna avere competenze specifiche, che dalle sue dichiarazione lei non sembra possedere.
Le potrei parlare della teoria sull'attaccamento di Bowlby, dell'imprinting e di etologia, ma non voglio confonderle le idee e quindi ricorro ad esempi più accessibili.
Basta guardare il regno animale per rendersi conto come le femmine di tutte le specie non si allontanano dai cuccioli e dedicano loro attenzione massima e cura FINO ALLO SVEZZAMENTO Non è una legge specifica relativa agli umani, ma della natura tutta. Procreare, infatti, implica delle responsabilità precise, è una scelta di vita, CHE SE CAMBIA IL COMPORTAMENTO ANIMALE, A MAGGIOR RAGIONE CAMBIA LA VITA DI UNA DONNA.
Sbaglia chi crede che l'arrivo di un figlio, non comporti cambiamenti nella propria vita. Un bambino non chiede di nascere, fare un figlio non è un capriccio da togliersi, ma una scelta di servizio, di dono di se stessi e anche del proprio tempo. Non sono i figli che devono inserirsi nella nostra vita, siamo noi che dobbiamo cambiarla per renderla a loro misura. Se non facciamo questo, potremmo fare crescere bambini soli, senza autostima e con poca sicurezza di sé. Bambini affamati di attenzioni, perché non gliene è stata data abbastanza nel momento in cui ne avevano massimo bisogno, cioè i primi mesi di vita. L'idea che non capiscono niente, che non percepiscono la differenza ad esempio tra un seno materno e un biberon della tata, è solo nostra. Ciò non vuol certo dire che tutti bambini allattati artificialmente o che tutti bambini con genitori che tornano subito a lavoro, saranno dei disadattati. Ma bisogna fare del nostro meglio per farli crescere bene, come quando in gravidanza assumevamo l'acido folico, per prevenire la "spina bifida".
I bambini hanno nette percezioni, già nel grembo materno. L'idea, che se piangono non si devono prendere in braccio "perché si abituano alle braccia", è un luogo comune.
Le "abitudini" arrivano dopo i 6 mesi, fino ad allora è tutto AMORE. Non è un caso che studi recenti, riabilitano il co-sleeping, (dormire nel lettone) e i migliori pediatri sostengono la scelta dell'allattamento a richiesta. Il volere educare i bambini inquadrandoli come soldati, già dai primi giorni di vita, non solo é antisociale, perché una generazione cresciuta senza il rispetto dei suoi ritmi di crescita può essere inevitabilmente compromessa, ma è un comportamento al di fuori delle più elementari regole umane e naturali.
Poi è anche vero che per molte donne, tornare a lavorare subito dopo il parto sia una necessità assoluta. Ma per questo problema dovrebbe intervenire adeguatamente lo Stato e non certo con affermazioni come le sue.

Mi rendo conto che il suo lavoro le permette di lasciare la bambina, rilasciare interviste di questo tipo (di cui noi non sentivamo la necessità) e tornare con comodo da sua figlia. Ma ci sono lavori che richiedono tempi e una fatica fisica e mentale che lei non conosce. Tempo che sarebbe inevitabilmente tolto ad un neonato che ha bisogno di una mamma "fresca", che gli dedichi la massima attenzione.

Noi donne infatti, se spesso per necessità ci comportiamo come Wonder Woman, poi siamo colpite da sindrome di sovra affaticamento.E non è vero che è importante la qualità e non la quantità:
- perché la qualità del tempo di una mamma da pochi giorni, che rientra nel tritacarne della routine quotidiana, aggiungendo il carico della gestione di un neonato, può essere compromessa.
- perché un bambino non dovrebbe scegliere tra qualità e quantità, almeno nei primi mesi, dovrebbe disporre di entrambe le cose.
Per non parlare poi del fatto, che se un genitore non può permettersi qualcuno che tenga il bambino nella propria casa, nel corso degli spostamenti, lo espone, con un bagaglio immunologico ancora carente, alle intemperie o alle inevitabili possibilità di contagio presenti in un nido. Infatti, è scientificamente provato che i bambini, che vanno al Nido troppo presto, o che non vengono allattati al seno, sono più soggetti ad ammalarsi, con danno economico sia per le famiglie che per il sistema sanitario.
Poi per carità, si può obiettare, che ci sono bambini che si ammalano anche in casa, o come succede anche ai bambini allattati al seno, ma è come dire ad un medico, che giacché si è avuto un nonno fumatore campato 100 anni, non è vero che il fumo fa male.
Bisogna dunque incentivare i comportamenti da genitore virtuoso, anche con la consapevolezza che i bambini non sono funzioni matematiche, ma si può fare molto, per favorire una crescita armoniosa, già dalla prima infanzia, se non addirittura durante la gravidanza.

E allora le domando Ministro, di svolgere il suo ruolo importante istituzionale con maggiore serietà, cercando di evitare affermazioni fuori luogo come questa, o come quella secondo cui "studiare non è poi così importante", prendendo Renzo Bossi come esempio.

Si dovrebbe impegnare di più nell'analisi dei problemi, per evitare valutazioni errate e posizioni dannose per lei, per gli altri e per il Paese.
Perché forse qualcuno potrebbe aver pensato che tutto sommato il suo era un ministero poco importante, che se guidato da un giovane ministro senza competenze specifiche, "non poteva arrecare grossi danni", soprattutto obbedendo ciecamente ai dettami del Tesoro, ma lei con la sua presunzione di voler parlare di cose che non conosce, sta contribuendo a minare il futuro di un'intera generazione.

Un'ultima cosa, lei che di privilegi se ne intende bene, essendo un politico, la usi con maggiore pudore questa parola.

05-05-10 Rosalinda Gianguzzi

Lettera aperta della Busi a Minzolini

Lettera aperta di Marialuisa Busi ad Augusto Minzolini


AL Dott. Augusto MINZOLINI

Al CDR

p.c. Dott. Paolo GARIMBERTI

p.c. Prof. Mauro MASI

p.c. Dott. Luciano FLUSSI


Caro direttore,

ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell’edizione delle 20 del TG1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa e’ per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori. Come ha detto il presidente della Commissione di Vigilanza RAI Sergio Zavoli : “la più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell’ascolto tradizionale”. Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perché e’ un grande giornale. E’stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella.

Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati.


Questo e’ il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci.


Non e’ mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l’informazione del

TG1 e’ un’informazione parziale e di parte. Dov’e’ il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d’Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perché negli asili nido non c’e’ posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l’onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell’Alitalia? Che fine hanno fatto?

E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perché falliti? Dov’e’ questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare?

Quell’Italia esiste. Ma il tg1 l’ha eliminata.

Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.

L’Italia che vive una drammatica crisi sociale e’ finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un’informazione di parte – un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull’inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo – e l’infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale. Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali:

levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può

soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell’affidamento dei telespettatori e’ infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E’ lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori. I fatti dell’Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E’ quello che accade quando si privilegia la comunicazione all’informazione, la propaganda alla verifica. Un’ultima annotazione più personale. Ho fatto dell’onesta’ e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non e’ tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente.

Pertanto:

1) Respingo l’accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente – ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI – le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma e’ palese che non c’e’ più alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico.

Chi non ci sta e’ fuori, prima o dopo.

2) Respingo l’accusa che mi e’ stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza e’ quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro convention, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.

3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l’intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all’azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di “danneggiare il giornale per cui lavoro”, con le mie dichiarazioni sui dati d’ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni.

Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: “il tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche”.

Posso dirti che l’unica campagna a cui mi dedico e’ quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto. Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama – anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta – hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. Sono stata definita “tosa ciacolante – ragazza chiacchierona – cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali” e via di questo passo. Non e’ ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale.

A queste vigliaccate risponderà il mio legale.

Ma sappi che non e’ certo per questo che lascio la conduzione delle 20.

Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma e’ di rispetto che abbiamo bisogno.

Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti.

Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere.

Marialuisa Busi

Roma, 20 maggio 2010, 20 maggio 2010