9 ago 2009

In vendita le isole dell'arcipelago Brioni. Un sogno da due miliardi e mezzo di euro di: FERRUCCIO SANSA

Le 14 isole custodiscono antichi tesori: impronte di dinosauro di 100 milioni di anni fa, un abitato fortificato del XVI sec a.C, la Villa romana di Verige (II sec. a.C.), il castrum romano e la chiesa della Madonna (Vi sec. d.C.)
Ogni mare ha un suo profumo: a Brioni è quello di rosmarino selvatico, pini marittimi, eucalipti e ulivi. Li senti prima di vederli. Ogni mare ha un colore: in questo arcipelago a pochi chilometri dalla costa istriana è di un blu più profondo del cielo. I raggi del sole penetrano come lame nell’acqua cristallina. Poi arrivi all’isola, una striscia verde smeraldo lunga cinque chilometri, un ricamo di golfi e di calette, e pensi: ecco, questo è il Paradiso. Ora il paradiso sta per andare all’asta: basta avere un miliardo e duecento milioni per garantirselo. E con due miliardi e mezzo si prende l’arcipelago di 14 isole.

Borse, finanza, difficile immaginare parole più lontane da questi luoghi. Eppure la crisi rischia di cambiare la storia della Polinesia dell’Adriatico: una volta ci pensarono i romani. Adesso il nuovo conquistatore è il mercato. La Croazia, come tanti altri stati, è in crisi nera: l’adesione all’Ue arranca, il Pil è calato del 5% in un anno, gli investimenti stranieri si sono dimezzati (- 42% nel 2009). Così, come ha raccontato il quotidiano «Il Piccolo», per dare ossigeno alle casse dello Stato, intenderebbe vendere i suoi gioielli. Zagabria si appresta a cedere demanio forestale, fonti di acqua potabile, oleodotti, compagnie assicurative, enti energetici, ferrovie. E in cima alla lista anche Brioni e il suo arcipelago, patrimonio finora in mano pubblica.

Per comprare l’isola ci vorrebbero dieci jackpot. C’è allora chi si immagina un magnate russo pronto ad aggiudicarsi l’asta. Ma poi che ne sarebbe di Brioni? Qualcuno ipotizza un’operazione turistica extra-lusso, chissà, però, se l’acquirente si accontenterebbe degli edifici attuali che si contano sulle dita di una mano. Difficile, prima di sborsare 1,2 miliardi probabilmente pretenderà di liberare l’isola dai vincoli del parco naturale. Ma nessuno può escludere che il nuovo proprietario del paradiso decida di chiudere i cancelli e di goderselo in esclusiva. Brioni e il suo arcipelago sono un continente racchiuso in 7,4 chilometri quadrati. Cammini per i prati che finiscono in mare e trovi tracce di dinosauri. Superi un golfo e ti imbatti in un villaggio dell’età del Bronzo. Se arrivi a Val Catena, diresti di essere a Pompei: colonne dell’antica villa romana, resti del castrum del primo secolo avanti Cristo.

Troppa bellezza, perché il potere non la volesse per sé. Era la fine dell’800 quando Brioni divenne l’isola di Kupelwieser, il magnate austriaco dell’acciaio, che la comprò, cacciò la malaria, ne fece la spiaggia più esclusiva dell’impero. Sulla riva incontravi principi e arciduchi austriaci e poi lui, Paul Kupelwieser: «Un gran cacciatore, di donne e animali. Girava l'isola con i calzoni alla zuava di velluto, la giacca di camoscio e l'immancabile fucile», racconta nei suoi diari Laura Dronigi, che in quegli anni era una bambina e viveva sulla riva del mare. Brioni doveva essere un piccolo Eden personale dove raccogliere le meraviglie del mondo: cervi, daini e mufloni correvano liberi nei prati. Pavoni, aironi e cicogne nere in volo sulla spiaggia. Poi c’è Koki, il pappagallo di Tito. Il Maresciallo è morto, la Jugoslavia si è disgregata, ma il rarissimo pennuto bianco, arrivato a 52 anni, abita ancora qui.

Già, dopo una breve parentesi italiana (qui passò re Umberto), il comunismo si lasciò affascinare dalla bellezza dell’arcipelago e ne fece uno dei suoi simboli. Tito, racconta la leggenda, la prima volta giunse in barca a remi nel 1947, si stabilì in una tenda. Poi, sedotto dall’isola, si fece costruire Villa Vanga, e Brioni diventò off-limits per i comuni mortali. Un rifugio inaccessibile, con tre residenze immerse nel verde: Bijela, Bionka (per i leader stranieri), ma soprattutto la Jadranka, dove si dice Tito facesse le sue feste, ospitasse le amanti. A quei tempi gli incontri segreti dei potenti non superavano gli spessi muri di una villa. Di quegli anni restano solo le foto ufficiali, quando Brioni era uno dei centri della diplomazia internazionale: qui, guardando l’Adriatico, Tito e altri potenti della terra diedero vita al blocco dei paesi «non allineati». Dai motoscafi scesero il presidente vietnamita Ho Chi Minh e gli egiziani Nasser e Sadat. E ancora l’indiana Indira Gandhi, il re cambogiano Sihanouk. Qui sui prati, dove oggi si incontrano i pochi turisti, camminava Nikita Krusciov quando il mondo visse l’illusione del disgelo tra Urss e Stati Uniti. Aldo Moro fu uno dei pochi politici occidentali ammessi.

L’antica Roma, Venezia, l’Austria e il Comunismo, di cui restano soltanto i nomi. Il mondo oltre il mare è un altro, ma Brioni è rimasta miracolosamente la stessa. Finché qualcuno non staccherà l’assegno da un miliardo di euro.

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