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13 set 2009

Commemorare, un nuovo modo di chiedersi perché.

Uno spazio performativo, quattro attori drammaturgi, un video proiettore e uno splendido calore profuso dall’allestimento organizzativo e ben impastato con l’atmosfera e le energie del pubblico.


Questi gli ingredienti mischiati e messi a disposizione per una, tanto nuova quanto interessantissima e apprezzabile, commemorazione ai caduti dell’ 11 settembre 2001;

la regista Mariella Pizziconi, grazie ad una eccezionale location come quella del Duncan 3.0 di Roma ci regala, in tutti i sensi data la gratuità del biglietto, una nuova forma di riflessione sui fatti accaduti otto anni fa.


In “Tutto il male del Mondo” , così intitolata l’opera drammaturgica, vanno in scena infatti in un alternarsi di immagini e letture interpretative, le vicende e i dialoghi di una famiglia italiana, ove comuni e ben note a tutti possono essere le incomprensioni e le antitetiche posizioni politiche e culturali; ebbene è proprio su questo che la regista vuole far riflettere, mettere in luce con un percorso altalenante di sentimenti e di riflessioni che, la maggior parte delle volte è proprio la mancanza di comunicazione, la mancanza di conoscenza comune dei fatti politici e sociali del mondo che crea tutte le diversità della società; tende così a far riflettere su quanto possa essere fragile l’animo umano nel cadere facilmente

nelle visioni pilotate da fattori esterni agli eventi.


Un avvenimento come quello delle torri gemelle, che costò all’umanità più di tremila anime, non viene quindi messo in discussione realmente per chi o per come esso possa essere accaduto, ed è proprio qui che spunta la novità, ma viene solo analizzato dal punto di vista emozionale, si sfrutta la contrapposizione di ideali di due sorelle che, una manager di una grandissima banca statunitense presente coi suoi uffici dentro il World Trade Center e l’atra No Global, riescono a incontrarsi nei pensieri comuni solo ed esclusivamente grazie all’u

tilizzo di un libro che spiega la storia delle stesse torri, la No global comincia ad affascinarsi al grande lavoro e concetto di libertà e interculturalità degli USA mentre la manager invece pian piano comincia a sensibilizzarsi a tutte le problematiche di corruzioni politico-sociali-amministrative che hanno guidato il pianeta negli ultimi 20 anni.


Così la regista, giocando con le emozioni e i dialoghi, ci incanala verso ciò che si auspicherebbe per il pianeta, cerca quindi di infondere nel pubblico il concetto di quanto sia importante informarsi e non farlo sterilmente solo per se stessi né tanto meno per protestare in piazza senza alcun risultato ma appunto per far conoscere i fatti e far sì che i medesimi possano toccare le parti dell’animo che comuni sono e restano a tutto il genere umano.



Un recitato davvero toccante che tocca il suo massimo apice nel momento in cui le due sorelle si uniscono del tutto vivendo l’una a fianco l’altra e portandoci, purtroppo, a vivere intensamente i momenti tragici che furono vissuti quel giorno all’interno delle Twin Towers.


Davvero toccante, perfettamente commemorativo e veramente sensibile il lavoro di Mariella Pizziconi, nome che ci ricorderemo per lungo tempo grazie a questo sua intenso e sentitamente vissuto lavoro.


Titolo: Tutto il male del mondo

Regia: Mariella Pizziconi

Attori: Lavinia Origoni, Paola Borgia, Massimiliano Grazioso, Monica Cecchini, Federico Emiliani.

Altri collaboratori: David Ravignani, Andrea Santoro, Gaetano Buompane.


Carlo Lo Monaco

3 set 2009

Robert Longo - Come i media e la televisione dominano la nostra vita


di Alice Ungaro

In questa calda estate in cui le attività di 4FOUR non si sono fermate, ma solo rallentate, abbiamo assistito soprattutto in Italia ad una presa di consapevolezza auspicabile: la televisione e i media dominano la nostra vita. O meglio, vorrebbero farlo.
Molti artisti, da sempre più sensibili a certe tematiche, di questa asserzione, ne hanno fatto un caposaldo del loro lavoro, uno fra tutti, Robert Longo, nostro personaggio extra del mese.

Longo nasce a Brooklyn nel 1953 dove tuttora vive e lavora. Le sue installazioni, foto, sculture e disegni, così come la sua musica e i suoi film hanno da sempre un fortissimo impatto sull’opinione pubblica statunitense, tanto che già nel 1989 fu etichettato come uno degli artisti più provocatori negli USA.

Affascinato dalla storia europea e dai film di Rainer Werner Fassbinder, è un artista prettamente figurativo che tuttavia non intende narrare nulla. “Il bianco e nero è una forma di astrazione. Ho sempre pensato di essere un'artista astratto che lavora sulla rappresentazione".

Quando tutti seguivano il glamour della New Wave, lui esponeva enormi armi da fuoco prese in prestito dalla cronaca. Decompone il corpo umano in una danza macabra, l’equilibrio perduto a causa di un improvviso colpo di revolver. Evocativo, essenziale ma sofisticato. Poliedrico.

Prende le distanze dalla massa che ricercava nelle immagini sublimate dai media, la materia grezza per le loro opere, sorprendendo il pubblico con teste di squali con la bocca spalancata, bombe che esplodono e onde impetuose e minacciose.

L’uomo è pericoloso. Ma lo è anche la natura nella sua imprevedibilità, così la Terra ha un’aria minacciosa anche da lontano quando il Nulla, che ha spaventato generazioni di bambini preoccupati per la sorte di Atreyu de “La Storia Infinita”, sembra appropriarsi di essa.

Non è un caso che Longo presenti le sue opere dietro una lastra di vetro. E’ un modo, il suo modo di fare “riflettere”. Il vetro significa incubazione, cura, distanza. La stessa lastra di vetro che ci divide dallo schermo televisivo. Perché a ben guardare, i soggetti scelti da Longo sono già visti, fanno parte della nostra cultura, della nostra storia collettiva. Sono nostri. Eppure abbiamo bisogno che qualcuno ce lo dica, che ci faccia riflettere. Negli anni ’50 lo faceva la TV. Adesso siamo davvero sicuri di volerli confermare questo ruolo all’interno della nostra vita?

La risposta a voi.

26 lug 2009

Usa,violentata a 8 anni e ripudiata

Famiglia liberiana non la vuole più

La violentano a otto anni e la famiglia non vuole più saperne di lei. E' successo a Phoenix, negli Usa, dove una bambina liberiana è stata ripudiata dalla famiglia che si ritiene disonorata dalla violenza di un gruppo di ragazzi. La giovane è ora affidata ai servizi per l'infanzia dell'Arizona e ha già ricevuto numerose offerte di aiuto e di adozione. Il capo del branco di minorenni, un 14enne, sarà processato in tribunale come un adulto.

La violenza risale allo scorso 16 luglio, quando la ragazzina è stata condotta in un capannone da quattro giovani con la promessa di un chewing-gum. I quattro l'hanno violentata a turno per diversi minuti, prima che le sue urla richiamassero le forze dell'ordine.

Il più grande dei violentatori, 14 anni, verrà processato come un adulto, e dovra' rispondere delle accuse di sequestro di persona e violenza sessuale. Gli altri tre, che hanno 9, 10 e 13 anni, saranno giudicati dal tribunale dei minori.

Ha protestato per la vicenda anche la presidente della Liberia, una donna, che ha stigmatizzato il comportamento della famiglia e di una cultura ancora diffusa nel Paese da cui provengono anche i quattro giovanissimi stupratori.

"La famiglia ha sbagliato: avrebbero dovuto aprire le braccia a una bambina traumatizzata e collaborare con le autorità americane per capire cosa fare con i quattro responsabili", ha detto Ellen Johnson Sirleaf in un'intervista alla Cnn.


(Fonte: TGcom)