30 giu 2010

Lettera (che non verrà mai pubblicata) al Direttore di Repubblica




Caro Direttore

Chi ti scrive è un collega (se un free lance può essere definito tale) stanco di un paese che diventa sempre meno normale.
Ho sempre vissuto con l'idea che il giornalismo fosse una missione alta.
Un servizio per la gente, da vivere e scrivere come un dono, senza volerne nulla in cambio.
Quando gli obiettivi sono cosi utopici, di conseguenza alti diventano i "poteri forti" con cui ti scontri.
Lì cominciano le vie crucis tra comandi dei Carabinieri e Questure per "declinare le generalità". Le telefonate alle 8 di mattina di solerti funzionari delle forze dell'ordine che ti avvertono di querele in arrivo. Le lettere a casa, con tanto di marchio dell'Arma, che ti "intimano" di presentarti urgentemente al "più vicino comando".
Poi le notifiche nel quale si evince che il Pm per "la complessità della vicenda giudiziaria" chiede altri sei mesi di proroga per le indagini preliminari.
Poi il Giudice che rimanda tutto per appurare il caso.
E il tempo passa.
Tutto questo perché hai scritto un pezzo in cui venivano riportate le dichiarazione di un mafioso, collaboratore di giustizia, che declinava, con dovizia di particolari, le presunte attività illecite del Senatore Cuffaro e della sua famiglia in terra di Sicilia.
Di mafia non si deve parlare, me che meno se sei nato nello stesso comune del senatore e non l' hai mai baciato.
La cosa inquietante è la certezza che non finirà mai, che dopo questa querela ne arriveranno altre. Perchè "Loro" sono potenti e tu no. Perché "loro" hanno i mezzi e tu puoi contare solo su un pugno di amici e sul tuo avvocato (con la speranza che non ti presenti mai la parcella). Perché i condannati per mafia siedono in Parlamento e chi li denuncia passa il suo tempo tra Caserme e Questure. Con i volti di chi sta intorno che cominciano ad assumere espressioni dal significato chiaro: "Chi te lo fa fare?". Sinceramente non lo so... amo la mia gente, amo la mia dignità, amo l'Articolo 21, voglio un mondo diverso, non mi arrendo.. Ma oggi sono solo stanco.

Gaetano Alessi Ad Est

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